Le pietre
La materia prima dei Picasass di viggiù
L’estrazione della pietra dalle cave rappresentava la prima fase di lavoro dell’attività dei “Picasass”: tramite la stessa, infatti, era possibile rifornire le botteghe della materia prima necessaria alla produzione dei vari manufatti.
Era un lavoro duro, continuo ed intenso, che si svolgeva all’interno delle cave. Molti dei “Picasass” hanno dedicato la loro esistenza a tale attività, con una dedizione che si è trasmessa da una generazione all’altra, malgrado le difficoltà ed i rischi che questo mestiere comportava. Un doveroso omaggio va ai “cavandoni” viggiutesi che hanno onorato l’arte e hanno dato prova di una vera e propria genialità in questo lavoro.
Per quanto attiene la pietra estratta nella zona della Valceresio, occorre dire che la vena partiva da Induno e si estendeva verso oriente, in particolare a Brenno Useria, Viggiù, Saltrio, protraendosi fino ad Arzo, in territorio Elvetico. Recenti indagini storiche hanno svelato che tali cave risultavano già coltivate nel periodo tardo romano: ciò si deduce dal ritrovamento di pietre provenienti da tali cave in are, colonne, piccole sculture, ora al Museo Archeologico di Milano. A Brenno Useria, le cave davano una calcarenite oolitica finissima, ottima per i lavori di ornato, di statuario e per colonne. A Viggiù le cave davano, invece, diverse qualità di pietra: calcarenite oolitica a grana fine grigia e rosetta, detta anche “La gentile”, calcarenite a grana grossa, detta “Granitello”, un calcare compatto bianco, grigio e nero ed un calcare marnoso dai colori variegati, detto “Fior di Sant’Elia”.
A Saltrio si cavava un calcare compatto dai colori grigio chiaro, detto “Corso dei bagni”, un grigio, detto “Cenere bel cenere”, un colore variegato, detto “Latte e vino” ed un calcare compatto molto duro detto “Majolica”: questi calcari contenevano svariate qualità di fossili ed erano suscettibili di una buona lucidatura. Ad Arzo si estraggono ancora oggi calcari marnosi di varie colorazioni: rosso d’Arzo, macchia vecchia grigia di Arzo, macchia vecchia rossa d’Arzo, macchia gialla d’Arzo, venato d’Arzo e broccatello d’Arzo.
Queste pietre vengono lavorate e lucidate ad arte, divenendo bellissime e sono ancora molto ricercate per la costruzione di altari, pavimenti ed opere di grande pregio.
Vari tipi di lavorazione della pietra
Gli strumenti di lavoro
Come per tutte le attività, anche per la lavorazione della pietra, gli strumenti di lavoro rappresentano la fonte più diretta mediante i quali conoscerle. Per questo acquista particolare rilevanza l’osservazione dei segni e delle tracce che essi lasciano sulla pietra.
Per sopperire all’attuale carenza di notizie riguardanti le tecniche di lavorazione dei materiali lapidei ci siamo avvalsi della qualificata testimonianza orale degli ultimi scalpellini viggiutesi. Essi a seconda della loro qualifica (quadratori, ornatisti o scultori) hanno descritto come, con gli stessi strumenti usati nel corso secoli, si fossero tracciati segni mirabili sulla pietra, trasformando pezzi della stessa assolutamente informi in opere meravigliose. I Picasass, con consumata perizia e bravura, riuscivano a lavorare la pietra, senza alcuna difficoltà, dalle prime fino alle ultime fasi, senza l’ausilio di macchinari.
Oggigiorno, invece, tali lavorazioni, laddove vengono ancora effettuate, necessitano per essere realizzate dell’ausilio di macchinari molto complessi.
Opere realizzate utilizzando la pietra di Viggiù
In questo quadro vengono presentate le fotografie di alcune delle opere più importanti eseguite con le pietre cavate dalle cave di Brenno Useria, Saltrio e Viggiù, con la partecipazione diretta delle ditte e della mano d’opera locale.